L’intelligenza artificiale: la storia da ELIZA a L.I.S.A.

A dispetto della sua rumorosa attualità, ciò che oggi definiamo come intelligenza artificiale ha già alle spalle una lunga storia, che coincide con l’evoluzione del concetto di tecnologia e mette in gioco la nozione stessa di “umano”.

Negli ultimi anni, il dibattito sull’intelligenza artificiale si è ritagliato uno spazio significativo nell’opinione pubblica, con una serie di argomenti sempre più ricorrenti sia sui media generalisti (e non sempre accompagnati da un sufficiente grado di conoscenza), sia su riviste di cultura, le quali si interrogano per esempio sugli effetti del mutamento del ruolo dell’autore che queste tecnologie comportano: in questo senso, il caso rappresentato da ChatGPT è probabilmente il più eclatante, ma non certo l’unico.


Alan Turing, vero precursore

Questa storia ha inizio molto tempo prima che l’informatica diventasse l’oggetto privilegiato della discussione sul progresso tecnico, e si nutre fin da subito di un allure pioneristico e in parte visionario.

Sotto quest’ultimo aspetto, impossibile non sottolineare il contributo di Alan Turing, vero e proprio precursore della disciplina, con la sua “macchina” realizzata nel 1936.

Se quest’ultima pone le fondamenta tecniche per la ricerca e la sperimentazione di tecnologie computazionali complesse, l’impostazione teorica alla base dell’intelligenza artificiale riprende l’eredità della cibernetica, che a cavallo degli anni ’30 e ’40 aveva illuminato il valore di un approccio transdisciplinare, riunendo attorno allo stesso tavolo matematici, filosofi, informatici, ingegneri, psichiatri: in questo contesto si afferma l’idea che le macchine possano comunicare come gli esseri umani.


La “rivoluzione” del New Hampshire

Ma il rapporto tra l’intelligenza artificiale e l’esperienza che aveva avuto in Norbert Wiener e Gordon Pask due dei suoi esponenti più autorevoli si rivela ancora più stretto, evidenziando un legame di “parentela” diretto: dalla cibernetica provengono infatti alcuni scienziati che nel 1956 partecipano ad un convegno nel New Hampshire dove, per la prima volta, si parla di “intelligenza artificiale”.

A coniare l'espressione è l’informatico John McCarthy, che predispone un team con l’obiettivo di progettare una macchina in grado di simulare ogni aspetto dell’apprendimento e, più in generale, dell’intelligenza umana.

Tuttavia, come spesso accade nella storia della tecnica, la ricerca sull’intelligenza artificiale inizia ben prima che alla disciplina venga attribuito un nome: nella stessa occasione, si discute già di un primo programma di IA, messo a punto da Allen Newell ed Herbert Simon: si tratta del Logic Theorist, un sistema in grado di dimostrare teoremi attraverso i principi della matematica.

L’anno successivo, Newell presenta il General Problem Solver, il quale, alla risoluzione di problemi formalizzati, affianca la capacità di misurarsi nel gioco degli scacchi.




Joseph Weizenbaum e il primo chatbot della storia

Se, fino alla metà degli anni ’60, la ricerca sull’intelligenza artificiale è principalmente rivolta alla realizzazione di programmi specializzati nella risoluzione di problemi matematici, è ancora McCarthy ad indicare la strada ad una nuova fase, descrivendo con l’Advice Taker un programma in grado di risolvere problemi di varia natura, non necessariamente aritmetici. In questa prospettiva si colloca, nel1966, la sperimentazione del primo chatbot della storia, ossia di un sistema ideato per simulare la conversazione: nelle intenzioni del suo sviluppatore, ELIZA è in grado di parodiare il comportamento di uno psicanalista di scuola rogeriana. Pur nel suo funzionamento rudimentale, l’invenzione di Joseph Weizenbaum costituisce il prototipo dei più importanti progetti di ricerca sul potenziale di interazione fra esseri umani e macchine e, secondo alcuni studiosi, rappresenta ancora oggi lo standard per gli sviluppatori di chatbot. Ma, al di là delle sue caratteristiche tecniche, ELIZA sancisce un passo decisivo nella percezione di queste tecnologie e delle loro ricadute sul piano sociale e culturale: è infatti la prima di una serie di macchine, ben lontane dal lancio commerciale, a recare un nome “umano”, riflettendo un elemento di antropomorfizzazione che in qualche modo preconizza la rilevanza dell’intelligenza artificiale nelle dinamiche della vita contemporanea. 


IA e processi industriali

Nel corso degli anni ’70, gli investimenti sulla ricerca in ambito IA vedono un aumento significativo, ma è soltanto negli anni ’80 che le prime tecnologie vengono applicate in modo esteso all’industria: la prima di queste, R1, è impiegata nella configurazione degli ordini di una grande azienda americana, facendo risparmiare a quest’ultima, nel quadriennio 1982-1986, circa 40 milioni di dollari l’anno; in questo periodo, negli Stati Uniti, quasi tutte le società più importanti si dotano di sistemi di questo tipo.

L’enorme margine di applicazione di queste tecnologie in ambito industriale segna l’ingresso dell’IA nella sua fase “matura”: alla fine del decennio, le attività legate all’IA sono ormai concentrate in un’industria del valore di miliardi di dollari, mentre l’informatica entra nelle case degli americani con i primi home computer; sotto quest’ultimo aspetto, il pc IBM (1981), il Commodore 64 (1982) e soprattutto il Mac (1984) rappresentano le icone di una vera e propria rivoluzione “mentale”, alla base di una civiltà nuova: la nostra.

L’intelligenza artificiale sul palcoscenico mediatico 

Per molto tempo, a partire dal General Problem Solver, alcune delle macchine di intelligenza artificiale più interessanti sono state pensate per applicazioni di tipo ludico. Negli anni ’90, diversi progetti muovono in questa direzione: fra questi, Deep Blue, computer prodotto da IBM e progettato appositamente per giocare a scacchi.

Le partite disputate dal supercomputer con il campione russo Garri Kasparov ricevono un’ampia risonanza mediatica, incarnando una delle versioni moderne del mito della “sfida" tra umano e macchinico, e contribuiscono ad estendere il dibattito sull’intelligenza artificiale anche ad ambiti non specialistici: questo passaggio sancisce definitivamente l’ingresso dell’IA nell’agenda pubblica dei Paesi occidentali.

L’ultima frontiera: le reti neurali artificiali

In ogni caso, da un punto di vista strettamente tecnico, la svolta decisiva nello sviluppo di prodotti di intelligenza artificiale sempre più efficaci, premessa della loro diffusione su larga scala in vari settori, deriva dall’applicazione delle reti neurali artificiali, ovvero di sistemi di algoritmi ispirati alla struttura e alla funzione del cervello umano. In questo ambito rientrano i prodotti di IA che negli ultimi anni sono diventati parte della vita quotidiana di milioni di persone, a partire dagli assistenti virtuali, rispetto ai quali L.I.S.A. intende emergere con le caratteristiche di un prodotto unico, puntando all’eccellenza.

Come si è visto, la storia dell’IA inizia più di mezzo secolo fa, descrivendo un arco tutt’altro che continuo: soltanto negli ultimi trent’anni la ricerca ha subìto una vera e propria accelerazione, facendo dell’IA uno dei settori di punta dell’industria hi-tech. Gli investimenti in progetti di intelligenza artificiale sono oggi ingentissimi, e i prodotti offerti dal mercato presentano un grado di competitività mai visto prima. Indubbiamente, da ELIZA a L.I.S.A. il passo è lunghissimo, ma anche il posizionamento di L.I.S.A. rispetto agli assistenti virtuali attualmente disponibili si colloca su un’altra dimensione, soprattutto per l’alto livello di specializzazione che caratterizza le sue prestazioni.

Alberto Vigolungo

ph E.D.